Accadono strane trasformazioni, nel Paese delle Meraviglie. La prima sta nella sua natura: si tratta, infatti, di uno dei testi con i giochi linguistici più arditi, tutto pane per i denti (e la gioia) dei traduttori più creativi. Un materiale golosissimo, poi, per gli altrettanto creativi autori di infinite trasposizioni: cinema, teatro, fumetti, musica e anche videogames. E se è vero che anche l'Italia è un po' il Paese delle Meraviglie (stando all'ironia di Crozza), lo dimostra più che mai questa versione dark di Alice, per la regia di Matteo Tarasco, in scena al Teatro Menotti di Milano fino al 23 marzo.
Ne è protagonista è Romina Mondello che, dopo tre stagioni di repliche di Donne informate sui fatti di Carlo Fruttero e dopo aver girato il recente To the wonder, di Terrence Malick, con attori del calibro di Javier Bardem e Ben Affleck, si trasla sul palcoscenico a vestire i panni dell'Alice più rock di casa Italia.
Tra Cappellaio Matto, il Cuoco, il Bruco, la Lepre, la Regina Rossa, il Bianconiglio, la Regina Bianca e il Cerbiatto, Regina di cuori e l'Unicorno, parliamo con Romina, che ci racconta la storia di questa Alice, ambientata (pare) in un manicomia, una vecchia stanza abbandonata d'epoca vittoriana.
Che rapporto hai avuto, negli anni, con la storia di Lewis Carroll?
Mi ha sempre incuriosito la storia, anche da piccola. Ma Alice non è Biancaneve, né Cenerentola. E' una favola per adulti, che io ho scoperto, davvero, da grande. E' una storia con un ambiente che ti destabilizza...ci devi arrivare preparato. Rispecchia, tra l'altro, la mia personalità: è un personaggio psichedelico, veramente rock. E noi la portiamo in scena con tutto il suo senso di spaesamento: la scenografia dello spettacolo è la cameretta di Alice vista dall'alto, in prospettiva zenitale. Anche se potrebbe sembrare un manicomio...
Ma come fai a recitare...alla rovescia?
C'è dietro una preparazione pazzesca, soprattutto fisica, con un impegno notevole. Mi reggo 70 minuti sugli addominali e sulle braccia, arrivo a fine spettacolo abbastanza provata. La scenografia, poi, è protagonista insieme agli attori, dato che il modo che abbiamo di muoverci, con la forza di gravità, da' davvero un effetto pazzesco, anche allo spettatore che entra in sala.
Quali sono stati i passi per preparare questa Alice così dark?
L'ho studiata...facendola. Ho imparato a memoria il testo e poi ci ho giocato, rendendolo mio. Ma è un gioco serio, impegnativo, in cui mi sono buttata anima e corpo, con passione, tanto che sono anche co-produttrice dello spettacolo. In Alice esce la mia parte più "storta": ho chiuso gli occhi, ho voluto credere alle cose impossibili e mi sono buttata. Col coraggio di chi sa attraversare lo specchio senza paura, di chi sa guardarsi e sa vedere la sua parte più scomoda. Io so vedere anche questa mia parte e ne nasce una riflessione: se il mondo sa difendersi dalle persone scomode, diventa invincibile.
Cos'è per te Wonderland, il Paese delle Meraviglie?
E' quando riesco a vivere ciò che voglio senza condizionamenti, è avere la libertà di poter avere un luogo in cui posso affrontare anche i miei demoni. E', banalmente (ma non troppo!), andare a fare la spesa al supermercato, fare una passeggiata con mio figlio.
To the wonder, il film di Terence Malik. Anche qui, ricorre la parola "wonder". Che esperienza è stata?
Un'iniezione di fiducia. Non cercava un'attrice italiana, il casting era inglese. Ho fatto tre provini; il terzo in Texas da lui è stato decisivo. Mi ha scelta, ha scelto proprio me, perchè per me ha pensato a un personaggio. Lui è uno che sceglie l'attore e intorno a lui scrive la storia, gli prepara un copione intorno in modo customizzato. E' un regista che sul set ti regala molta libertà, ti mette a disposizione il mondo. Per me, avere la sua stima, è un grande regalo.
Hai appena compiuto 40 anni. Come ti senti, cosa hai voglia di fare?
Sono teatro-dipendente! Mi sento in prima linea in questo destino, in questo percorso, in questo mondo in cui mi sono calata, come se fosse scritto da qualche parte...Mi piace, anche se è faticoso. Sento una grande responsabilità per le cose che faccio e per le scelte che compio. Ma sono felice.
C'è qualcosa di cui hai paura?
La mia paura più grande è quella di avere paura. Ma non mi chiudo mai, anzi, mi apro. O mi butto. Come Alice.
Fino al 23 marzo
Teatro Menotti, via Ciro Menotti 11 - Milano
tel. 02 36592544